Valleytronics, si apre la strada ad una nuova tecnica per codificare l'informazione

Valleytronics, si apre la strada ad una nuova tecnica per codificare l'informazione

L'idea è quella di codificare l'informazione basandosi su una caratteristica dell'elettrone diversa dalla carica e dallo spin. Un materiale bidimensionale permette di farlo in maniera relativamente semplice

di pubblicata il , alle 13:31 nel canale Scienza e tecnologia
 

I ricercatori del MIT hanno dato dimostrazione della possibilità di utilizzare un particolare materiale cristallino bidimensionale per aprire la strada alla tecnica della "valleytronics" (non esistendo un adeguato corrispettivo italiano manterremo la notazione anglosassone), ovvero la possibilità di codificare informazione utilizzando una proprietà dell'elettrone diversa dalla sua carica (elettronica) o dal suo spin (spintronica).

Scendendo per quanto possibile nel dettaglio, la valleytronics si basa sul fatto che in determinati materiali quando si traccia su un grafico l'energia degli elettroni relativa al loro momento, la curva risultante è caratterizzata da due valli profonde.

Di norma gli elettroni tendono a collocarsi nello stato energetico più basso disponibile e, nel vuoto, ciò avviene quando il momento dell'elettrone è pari a 0. In un cristallo, però, l'elettrone può possedere un valore di energia specifico che si colloca sulla curva a due valli.

Le due valli rappresentate nella curva sono identiche ma, quando il materiale è soggetto a determinate perturbazioni, esse possono assumere profondità differenti e offrire quindi agli elettroni la possibilità di popolare una delle due valli: la posizione occupata dagli elettroni, descrivibile con un numero quantistico, potrebbe quindi facilmente essere usata per rappresentare gli 0 e gli 1 del sistema binario alla base dei computer.

La sfida principale che i ricercatori hanno affrontato è stata proprio quella di riuscire ad indurre una differenza tra le due valli, impresa fino ad ora possibile solamente con l'impiego di campi magnetici particolarmente potenti (nell'ordine di qualche centinaio di Tesla) e per ottenere variazioni minime, condizioni che hanno relegato la valleytronics alle attività di ricerca e di laboratorio.

I ricercatori hanno quindi utilizzato come materiale bidimensionale il disolfuro di tungsteno (WS2), che fa parte di una classe di cristalli bidimensionali conosciuti con il nome di "metalli dicalcogenuri di transizione". Il materiale, similmente al grafene, forma pellicole sottili con una struttura esagonale di pochi atomi di spessore. Nel caso del grafene, com'è noto, si tratta di un solo strato atomico, mentre nel disulfuro di tungsteno lo spessore della pellicola è di tre atomi.

I ricercatori, usando questo materiale, hanno quindi potuto indurre una differenza di energia tra le due valli ricorrendo ad una pulsazione laser relativamente convenzionale, opportunamente polarizzata. "Abbiamo scoperto un modo di controllare direttamente queste valli utilizzando la luce" ha spiegato Edbert Jarvis Sie, specializzando al MIT che si è occupato del progetto assieme al professore associato Nuh Gedik.

Questa scoperta, seppur preliminare, apre la strada alla possibilità di concretizzare la valleytronics in componenti e dispositivi reali. In linea di principio potrebbe essere possibile progettare dispositivi dove tutte e tre le proprietà dell'elettrone - la carica, lo spin e le valli - possono essere manipolate in maniera indipendente e inoltre, in virtù della natura bidimensionale del materiale e della sua resistenza meccanica, sarebbe possibile realizzare componenti flessibili.

2 Commenti
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andbad18 Dicembre 2014, 14:28 #1
Due cose:
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[*]Il grafene c'entra sempre.
[*]Somiglia molto ai chip isolineari di startrekkiana memoria, anch'essi basati su materiale cristallino. Roddemberry è sempre stato troppo avanti.
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By(t)e
lucusta19 Dicembre 2014, 22:40 #2
non e' vero che non esistono, ma che non possono essere rilevate.
teoricamente, nelle condizioni zero assolute, il livello di un elettorne nel vuoto assoluto e' uguale a zero.

comunque si parla di reticoli cristallini e di regioni di brillouin, e della particolarità degli elettroni di un reticolo cristallino di un semiconduttore di creare dei vuoti in queste regioni.

osservarli e' un conto, manipolarli un'altro, utilizzarli per una tecnologia un'altro ancora.

l'unico uso pratico che conosco e' per misurare le microdeformazioni sforzo grazie alla tecnica di fibra ottica formata da un reticolo di bragg; leggi la deformazione vedendo quale lunghezza d'onda riesce a passare il reticolo deformato, ma e' cosa assai diversa da questa tecnologia e come la vorrebbero applicare.

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